"Con la sua Resurrezione, Cristo ha conquistato la capacità di raggiungerci ovunque, di consolarci ovunque, di restituirci la speranza ovunque, di essere con noi ovunque".
Possiamo comprendere il senso della resurrezione se accettiamo di trovarci esattamente dove erano i discepoli quando Gesù apparve loro per la prima volta dopo la sua morte sulla croce: “Mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei” (Gv 20,19). Come i discepoli anche noi restiamo chiusi all’azione del Signore. La nostra fede in Gesù, la nostra speranza in lui restano timide e paurose. Le nostre porte sono chiuse perché siamo ripiegati su noi stessi. La nostra speranza osa solo fino ad un certo punto. Quando le situazioni ci sembrano disperate allora crediamo che il Signore sia impotente o ci abbia abbandonato. Le nostre porte sono chiuse perché, anche quando vogliamo credere, incontriamo in noi delle resistenze che non ci aspettavamo, anche se vorremmo essere più generosi, più liberi, più aperti nel servizio del Signore, vediamo che non ci riusciamo. Le nostre porte sono chiuse a causa dello scoraggiamento, dell’usura, della rassegnazione, di un certo cinismo, di un cuore che lentamente si irrigidisce.
Gesù nella sua predicazione diceva: «Non sono venuto per i sani, ma per i malati» (Mc 2,17; Mt 9,12-13). E’ questa la buona notizia per noi che siamo in questa situazione di chiusura, di rassegnazione, di cinismo, di timidezza, di paura: il Risorto non è venuto per i sani ma per i malati. Si mostra non a dei discepoli che lo aspettano, che sono fervorosi, che lasciano la porta aperta per farlo entrare, ma che sono scoraggiati, timorosi, increduli e soprattutto chiusi, barricati, disperati. Queste porte chiuse non sono state un ostacolo per il Signore. Questa è la buona notizia di questa domenica: tutte le nostre chiusure non possono essere un ostacolo alla venuta del Signore.
Questo ci aiuta a capire che cosa sia veramente la Resurrezione. Non è il passare attraverso delle porte di legno o delle mura – questa sarebbe semplicemente della magia - ma la capacità nuova che ha adesso Gesù di raggiungerci fin nel più profondo delle nostre chiusure, delle nostre solitudini, delle nostre paure, delle nostre angosce, delle nostre disperazioni, delle nostre depressioni, del nostro cinismo.
Quando ci raggiunge, ci mostra le sue mani e il suo fianco. Questa è la maniera che ha Gesù di dirci: quello che tu stai soffrendo, io lo conosco, perché l’ho condiviso. E’ scritto sulle mie mani, è scavato nel mio fianco. Però questa sofferenza che per te è stata occasione di ripiego su di te, per me, grazie a me, è diventata sorgente di vita, di luce, di pace, di gioia - riapre le porte, abolisce i muri, ristabilisce la relazione con il Padre.
Le nostre porte sono chiuse perché abbiamo paura di Dio. Abbiamo paura del Padre come il figliol prodigo che parte per un paese lontano. Ma Gesù viene ovunque siamo, ci raggiunge, lo scopriamo in mezzo a noi, in noi e soprattutto lo sentiamo ripetere questo bellissimo: “Pace a voi! Non sia turbato il vostro cuore, non abbiate paura, sono io” (Gv 14,27). Finalmente arriva questa pace tanto desiderata nel mezzo delle nostre vite tumultuose, turbate, confuse, frettolose.
Questa è la Resurrezione. Non è vedere un fantasma. Non è toccare delle piaghe. Non è un miracolo che dovrebbe convincerci perché è strepitoso. Al contrario, è una realtà della quale sia Giovanni che Pietro ci dicono che nulla si vede. Gesù disse a Tommaso: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto. Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20,29). La lettera di Pietro afferma «Voi lo amate, pur senza averlo visto, e ora, senza vederlo, credete in lui» (1Pt 1,8). In queste due frasi è contenuto il segreto della Resurrezione. Non è una realtà che si vede, ma è una presenza che si scopre, non fuori di noi, ma in noi.
Ciò che fino ad oggi è stato un macigno insormontabile, ciò che ci opprimeva, ci faceva paura, bloccava il nostro orizzonte, le porte chiuse, pur restando apparentemente le stesse, pur restando chiuse, non ci isolano più in noi stessi, perché con la sua morte, con il suo amore più forte della morte, con la sua Resurrezione, Cristo ha conquistato la capacità di raggiungerci ovunque, di consolarci ovunque, di restituirci la speranza ovunque, di essere con noi ovunque.
Risorto, io sono con te per sempre! “Perciò – dice Pietro – siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po’ di tempo afflitti da varie prove” (1Pt 1,6). Sì, è vero, ancora siamo afflitti da prove, però, grazie alla fede nella Resurrezione, grazie a questa scoperta della presenza di Cristo in noi, già Cristo ascende al cielo e poiché ci ha uniti siamo nella gioia. Non gioia superficiale e frivola, ma profonda, che dimora, la gioia che da il sapersi capiti fino in fondo, accettati, amati. La gioia che proviamo quando ritroviamo ragioni di sperare, perché alla fine la Resurrezione di Cristo può essere espressa in modo pieno proprio così, come fa Pietro: “Il Padre, nella sua grande misericordia ci ha rigenerati mediante la Resurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva” (1Pt 1,3). La Resurrezione è il trionfo della speranza. “Chi spera in Dio mai resterà deluso” (Sal 25,3; Sir 32,24).
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